


Study with the several resources on Docsity
Earn points by helping other students or get them with a premium plan
Prepare for your exams
Study with the several resources on Docsity
Earn points to download
Earn points by helping other students or get them with a premium plan
Community
Ask the community for help and clear up your study doubts
Discover the best universities in your country according to Docsity users
Free resources
Download our free guides on studying techniques, anxiety management strategies, and thesis advice from Docsity tutors
Tesina relativa al tema della analisi fattoriale, quali sono i suoi scopi, come lavora e quali sono le critiche a questo modello.
Typology: Essays (university)
1 / 4
This page cannot be seen from the preview
Don't miss anything!
Che cos’è l’analisi fattoriale e quali sono i suoi scopi? L’analisi fattoriale è un modello matematico che da n variabili misurate permette di ottenere n fattori. Permette di ricavare un limitato numero di fattori indipendenti l'uno dall'altro: essi spiegano il massimo possibile di varianza delle variabili contenute nella matrice d'informazione originaria. Questo strumento ha due scopi principali:
se a un campione viene somministrato un questionario composto da cinque domande e le risposte possono avere un punteggio in base al grado con cui il soggetto si sente in accordo con il tema in questione, l’analisi fattoriale può essere utilizzata per individuare se in realtà i fattori sono meno di cinque, potrebbe essere che il numero dei fattori estratti abbia la maggior parte della varianza condensata su pochi fattori essendo i settori indagati non omogenei o settori diversi. Verranno dunque eliminati i fattori la cui varianza sia inferiore a uno).
Come lavora l'analisi fattoriale? Innanzitutto utilizza variabili quantitative, gaussiane,^ correlate^ fra^ loro.^ Queste,^ solitamente rappresentate da domande e item di un questionario, si presuppone siano correlate tra loro perché tutte insieme ci permettono di studiare l’argomento preso in considerazione. I punti focali dell’analisi fattoriale sono la standardizzazione dei dati e la matrice di correlazione delle variabili esaminate, grazie alla quale vengono calcolati dei fattori, che sono nuove variabili, la quale caratteristica è di essere indipendenti tra loro. Vi sono diversi modelli matematici per ricavare queste nuove variabili.
Il metodo delle componenti principali è un meccanismo di calcolo algebrico che, attraverso una matrice di correlazione ottenuta, ricava gli autovettori e gli autovalori. L’applicazione di questo metodo trasforma le variabili in studio in variabili indipendenti, cioè il prodotto dei
fattori è pari a zero dunque non c’è correlazione e questi si dicono ortogonali. Sostanzialmente quest’operazione consente di definire un limitato numero di componenti indipendenti l'una dall'altra che si identificano nei fattori: esse spiegano il massimo possibile di varianza delle variabili contenute nella matrice d'informazione originaria. I fattori, cioè gli autovettori, sono combinazioni lineari delle variabili sperimentali, si
ottengono cioè dalla somma dei prodotti dei singoli fattori per gli opportuni autovalori. Il valore e il segno di questi coefficienti (autovalori) indicano quanto e come il singolo fattore sia legato alle variabili sperimentali. Gli autovalori corrispondono alla varianza; in ambito psicologico questa rappresenta la quantità di informazioni trasportate dagli item. L’analisi fattoriale rappresenta la compattazione della varianza, quindi delle informazioni, in nuove variabili fittizie dette fattori, senza la perdita di informazioni utili. Se la varianza di un fattore è alta significa che contiene maggiore informazione. Si può decidere quanti fattori estrarre, ma non come, infatti le varianze dei fattori vengono identificate da processi matematici. L’ultima operazione è la rotazione , che ha lo scopo di fare in modo che una singola variabile tenda a correlare solo con un fattore e poco o nulla con tutti gli altri e li rende più facilmente interpretabili. Con la rotazione operiamo una combinazione lineare dei fattori di partenza in modo da modificare la loro relazione con gli item. Esistono diverse tecniche di rotazione quelle più comuni sono quella ortogonale e quella obliqua. Per raggiungere la struttura semplice è a volte sufficiente ruotare i fattori mantenendoli ortogonali. Questa rotazione minimizza il numero di variabili che sono fortemente correlate con ogni fattore. Il peso dei fattori è così distribuito più uniformemente e l’interpretazione dei fattori è semplificata; questa tecnica è utilizzata quando c’è bassa correlazione tra essi. La rotazione obliqua invece è utilizzata nel caso ci sia alta correlazione tra fattori. Tale tecnica minimizza il numero di fattori necessari a spiegare ciascuna variabile, semplificando così la spiegazione delle variabili.
Esistono più metodi matematici per calcolare gli autovettori e gli autovalori: Se sono utilizzati programmi matematici : Si calcolano gli autovalori della matrice di correlazione: questi rappresentano la varianza del fattore, il quale trasmette informazioni solo quando i valori sono differenti tra fattori. Per ciascun autovettore viene calcolato il corrispondente autovalore, ossia si moltiplica la matrice dei coefficienti di correlazione per le vecchie variabili nella combinazione lineare per l'ottenimento dei nuovi fattori. Questa componente si può ottenere grazie a programmi matematici. Si procede così finché il prodotto RA’ si eguaglia a quelli precedenti, e quindi il valore dell’autovalore si “regolarizza”. Per definizione algebrica l’autovettore è quel vettore che moltiplicato per la matrice mi da di nuovo se stesso moltiplicato per una costante, che si chiama autovalore. Per calcolare l’autovettore della matrice di correlazione si può chiedere supporto a un programma di matematica, che calcolerà l’autovettore relativo all’autovalore. Oppure, nel caso in cui la matrice sia simmetrica, può essere calcolato a mano. Spiegando nello specifico i procedimenti, si può fare riferimento alla seguente figura:
Figura La moltiplicazione di una matrice per un autovettore consta nel moltiplicare e sommare i prodotti degli elementi della prima riga della matrice con l’autovettore. Si procede così anche per gli elementi della seconda e terza riga della matrice per ottenere il vettore R*A’. Da questo prodotto otteniamo il valore dell’autovalore. Per ottenere quest’ultimo è necessario sapere che per ogni matrice simmetrica la somma
I fattori ricavati dall’analisi sono variabili artificiali, perché ottenuti da calcoli matematici, e sono quelli che permettono la miglior rappresentazione fattoriale. Questo metodo “condensa” l’informazione relativa a diversi item in pochi fattori. Ponendo l’attenzione alla correlazione tra ogni fattore con gli item si può dedurre quanta informazione è contenuta in ogni fattore, questo se si osserva la matrice di correlazione. Gli item possono, inoltre, essere raggruppati creando delle sottoscale (es. il 1 ° fattore raggruppa 25 domande e diventa una sottoscala, il 2° fattore raggruppa 10 domande ed è la seconda sottoscala); queste contengono item con informazioni comuni. Ovviamente il primo fattore, che è quello con valore di varianza maggiore rispetto a tutti gli altri, raccoglierà più item ed è quello più correlato a essi. Le sottoscale ottenute permettono di scartare quegli item che magari non servono, o non danno informazioni utili, o quelli in cui la domanda non è espressa bene, o la stessa informazione è richiesta anche in altre domande. Dunque l’analisi fattoriale permette di compattare l’informazione e di interpretare le variabili in studio. Un quesito da porsi è se le sottoscale assomigliano ai fattori ricavati dall’analisi fattoriale; per rispondere va ricercata la correlazione tra sottoscale e fattori , questa può essere verificata considerando solo alcuni fattori (cioè scegliendo il numero dei fattori in base al numero delle sottoscale, non scartando quelli con autovalore minore di 1) e applicato a essi il metodo della massima verosimiglianza, è scelto questo perché la prima sottoscala non contiene più informazioni rispetto alle altre; si otterrà la miglior rappresentazione seguendo il principio alla base del metodo, cioè che i fattori debbano essere quelli che più probabilmente produrrebbero i dati sperimentali misurati. Successivamente si applica una rotazione, allo scopo di ottimizzare la relazione tra fattori e item, ottenendo fattori confrontabili alle sottoscale. A questo punto si calcola la matrice di correlazione tra fattori e sottoscale e osservandola si ricavano i legami tra le due: il legame tra fattore e sottoscala quando si osserva la matrice per colonna, osservando invece la matrice per riga è possibile dedurre la correlazione di ogni sottoscala con i fattori. Si può dedurre che ogni fattore è fortemente legato a una sottoscala, questo significa che fattori e sottoscale sono elementi simili. Bisogna ricordare che ogni sottoscala non è mai indipendente dalle altre (infatti il coefficiente non è zero), ma parte dell’informazione è contenuta anche nelle altre, cioè la stessa informazione è trasportata da più sottoscale. Inoltre il primo fattore considerato, quello con maggiori informazioni, non sarà legato a tutte le sottoscale, come si potrebbe erroneamente ritenere, bensì ad alcune perché ha subito una rotazione.
Critiche a questo modello